di Alessandra Ziniti
Neanche il tempo di provare a riprendersi dal colpo inatteso e il 5 febbraio per Cuffaro ci sarà un altro giudice per un altro processo. Con un´imputazione ancora più pesante, quel concorso esterno in associazione mafiosa che fino ad ora la vecchia linea della Procura di Palermo aveva preferito abbandonare e che è stata riproposta all´insediamento alla guida dell´ufficio del procuratore Francesco Messineo che ha affidato l´inchiesta-bis a quello stesso magistrato, il sostituto Nino Di Matteo, che aveva lasciato il banco dell´accusa nel primo processo perché in disaccordo con la linea "al ribasso" scelta allora. E sarà proprio Di Matteo a sostenere davanti al giudice dell´udienza preliminare Vittorio Anania la richiesta di processare nuovamente Cuffaro, ma per concorso esterno in associazione mafiosa. Un´accusa che si baserà, per buona parte, su quanto già oggetto del processo conclusosi ieri in appello, con pochi "fatti nuovi" riferiti negli ultimi due anni da alcuni collaboratori di giustizia ma anche da qualche testimone imputato in altri processi di mafia. Come l´imprenditore Gaspare Romano, già condannato per favoreggiamento ai Brusca, che ha tirato fuori il racconto di un pranzo in campagna quindici anni fa che avrebbe visto Cuffaro seduto allo stesso tavolo con Santino Di Matteo, uno degli assassini di Falcone poi pentitosi, e con Emanuele Brusca, uno dei fratelli del boss di San Giuseppe Jato, e Rino Lo Nigro, uno dei superburocrati della Regione appena confermato da Lombardo il cui nome è recentemente comparso nell´inchiesta sull´arresto del boss Mimmo Raccuglia.
«La conviviale si tenne nelle campagne di Portella della Ginestra, quindici anni fa o forse più - ha raccontato Gaspare Romano - in quella occasione, che non era per fini elettorali, conobbi Cuffaro. C´era anche un tale Rino Lo Nigro, nella cui casa ho poi visto altre volte Cuffaro». Il verbale è finito dentro i sessanta fascicoli depositati dalla Procura a sostegno della nuova richiesta di rinvio a giudizio che il procuratore Messineo e il sostituto Di Matteo hanno così articolato: «Nella sua veste di esponente politico di spicco e di presidente della Regione, Cuffaro consapevolmente e fattivamente ha contribuito al sostegno e al rafforzamento dell´associazione Cosa nostra, intrattenendo, anche al fine della ricerca e dell´acquisizione di sostegno elettorale, rapporti diretti o mediati con numerosi esponenti di spicco dell´organizzazione». E cioè, Siino, Bonura, Rotolo, Aiello, Di Gati, Guttadauro, Campanella e Aragona. Nell´inchiesta-bis, i magistrati insistono sulle fughe di notizie già oggetto del primo processo. Scrivono i pm: «Cuffaro ha avvertito Francesco Campanella (esponente della famiglia di Villabate nonché ex consulente dello stesso Cuffaro e oggi collaboratore di giustizia) che nei suoi confronti erano in corso investigazioni». E poi alcune intercettazioni, le parole del boss Franco Bonura, recentemente condannato a 30 anni al processo Gotha: «Con Cuffaro ci siamo incontrati, siamo stati vicini».
(La Repubblica, 24 gennaio 2010)
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