di Giuseppe Lumia
Prove e testimonianze dimostrano quello che sosteniamo da anni: l’esistenza della trattativa Stato/mafia. Durante la XIV legislatura (2001/06) ho posto con forza la questione in Commissione antimafia, dedicando un capitolo della relazione conclusiva di minoranza (leggi il documento). Secondo le ipotesi più accreditate, oggi al vaglio degli inquirenti, i servizi segreti italiani aprirono un contatto con Cosa nostra, attraverso la mediazione dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, per trattare la cessazione dell’escalation stragista del ’92/93. In cambio la mafia presentò le sue condizioni nel famoso documento conosciuto come “il papello”. Una fotocopia del cosiddetto papello, è stata consegnata ieri mattina alla procura di Palermo da Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco della città siciliana, Vito, che avrebbe fatto da mediatore tra gli uomini dei servizi e i boss. Nel documento, pubblicato da un noto settimanale, Cosa nostra avanza 12 richieste: revisione del maxiprocesso; defiscalizzazione della tassa sul carburante in Sicilia; riforma dei pentiti; abrogazione della legge Rognoni-La Torre per il sequestro dei beni illeciti dei boss, a bolizione del carcere duro per i reati di mafia (il 41 bis), libertà per i detenuti che hanno superato i 70 anni, chiusura delle carceri di massima sicurezza di Pianosa e Asinara, abolizione della censura tra i detenuti e i familiari, trasferimento dei carcerati nelle strutture vicine alle proprie famiglie, abolizione del reato di stampo mafioso. Una vicenda gravissima che intacca l’autorevolezza delle istituzioni democratiche. Adesso bisogna capire con assoluta chiarezza se Borsellino era a conoscenza della trattativa e se la sua eliminazione ha subito un’accelerazione proprio perché era diventato scomodo e pericoloso non solo per la mafia, ma anche per lo Stato. Dove è finita l’agenda rossa dove Borsellino annotava tutti i suoi appuntamenti? Quell’agenda avrebbe potuto chiarire tante cose, invece è scomparsa misteriosamente dalla borsa del giudice, ritrovata nel luogo della strage di via D’amelio. Resta aperto il capitolo del terzo livello: gli agenti dei servizi hanno agito autonomamente o su mandato politico? In un caso o nell’altro vi è una responsabilità politica da accertare per far luce su uno dei periodi più bui e drammatici della storia del nostro Paese. Solo con la verità potremo commemorare degnamente la memoria di chi ha perso la vita per combattere la mafia e ridare credibilità alle istituzioni nella lotta alla criminalità organizzata. Ce lo chiede la giustizia, ce lo chiede l’opinione pubblica, ce lo chiedono i cittadini.
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