di DINO PATERNOSTRO
Se è vero che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, allora il sindaco di Corleone, Nino Iannazzo, è davvero duro, molto duro di comprendonio. Con un’interrogazione dello scorso 10 febbraio, presentata con Salvatore Schillaci, avevamo chiesto al primo cittadino in che modo sta utilizzando e valorizzando alcuni beni immobili comunali. In particolare, la pescheria comunale, la pesa pubblica, la scuola elementare di Ficuzza chiusa da anni, l’ex mattatoio comunale, l’ex Stazione Servizi di via S. Lucia, l’officina comunale, un terreno agricolo di contrada “Spinuso”, l’ex Casa del fanciullo, gli ex caselli ferroviari, il caseificio, il mercato ortofrutticolo, l’orinatoio pubblico di via Trapani, il Centro diurno per anziani di contrada S. Lucia, la Scuola materna di contrada Punzonotto, il Circolo di via Roma e ben 27 beni confiscati alla mafia. Nonostante per legge avrebbe dovuto rispondere entro 20 giorni, Iannazzo si è degnato di farfugliare qualcosa solo lo scorso 15 maggio. E la montagna ha partorito il classico topolino. In aula, ci ha raccontato tante “favole” per bambini scemi. Per iscritto, ha usato meno di otto righe per non dire niente: “è in corso di redazione apposito elenco…”, stiamo valutando “la possibilità di procedere alla valorizzazione mediante la utilizzazione diretta o l’affidamento a terzi ovvero la dismissione…”. Purtroppo per i cittadini Corleone, in base all’art. 58, comma 2, del D.L. 25.06.2008, n. 112 (non della Legge 6 agosto 2008, n. 133, come erroneamente ha scritto il sindaco…), detto elenco avrebbe dovuto essere allegato al bilancio di previsione 2009. Invece, allegato al bilancio non c’era niente. E l’amministrazione comunale continua a permettersi di non utilizzare, di sotto utilizzare, di “regalare” o di lasciare nell’assoluto abbandono importanti beni immobili comunali, come quelli da noi citati. Si tratta di un atteggiamento – in parte e nella migliore delle ipotesi – irresponsabile. La peggiore delle ipotesi (specie per alcuni beni) la lasciare immaginare ai nostri lettori…
Intanto, abbiamo ripresentato l’interrogazione, chiedendo una risposta per iscritto, «entro i termini prescritti dal regolamento (20 giorni), e dettagliatamente per ciascun cespite, senza ometterne alcuno».
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