di Enrico Bellavia
Hanno comprato e venduto voti, hanno importato chili su chili di cocaina dal Sud America, e si sono rimessi a raffinarla in Sicilia, hanno preso in mano il controllo delle estorsioni. Ma su tutto: hanno ricostituito Cosa nostra, con la commissione e i capimandamento. Sono tornati all’antico, chiudendo l’esperienza della dittatura corleonese, spartendosi il territorio e incoronando capo Benedetto Capizzi. I vecchi boss, fuori perché liberi, o liberati da provvidenziali perizie mediche, si sono incontrati, hanno tenuto summit anche all’ospedale Civico di Palermo, sfruttando i permessi per le cure, e lì hanno gettato le basi per la nuova organizzazione. Dal carcere è arrivato l’assenso di Totò Riina e di Bernardo Provenzano e dal suo rifugio dorato ha dato il via libera anche Matteo Messina Denaro, capo incontrastato di Trapani, lontano da Palermo e perciò garante dell’operazione, ma non protagonista. L’attività di vecchi padrini, tra i settanta e gli ottanta anni è stata tenuta d’occhio per un anno. Le cimici hanno ricostruito ogni passaggio di questo lavorio. E nella notte i carabinieri hanno dato il via all’ultimo blitz, per numeri e consistenza, una delle più grosse operazioni antimafia degli ultimi anni. L’ordine dei boss era preciso: niente scruscio, niente rumore. Bisognava spartirsi il territorio per mandamenti, ridisegnando la geografia mafiosa, dotandosi però di un capo unico, un regista "non alla maniera dei napoletani", dicevano. L’operazione dei carabinieri, diretta dalla Dda di Palermo con i sostituti Maurizio De Lucia, Roberta Buzzolani, Marzia Sabella, Francesco Del Bene è ancora in corso. Novantanove i fermi disposti dai magistrati. Nell’elenco anche il superlatitante Gianni Nicchi, incoronato capo del mandamento di Pagliarelli. L’assetto ha sancito la definitiva chiusura delle ostilità tra la fazione del gruppo che si rifaceva al boss Nino Rotolo, di cui Nicchi era il delfino con la colonna dei Lo Piccolo, padre e figlio, primi fautori di un riassetto dell’organizzazione. Con Rotolo e i Lo Piccolo in carcere e sotto il controllo di Benedetto Capizzi, l’operazione è ripresa ed era già conclusa quando sono arrivati i militari a scompaginarla. C’era da bloccare anche "la possibilità di nuove stragi", ha chiarito il Procuratore nazionale Grasso. Le scelte dei vertici, infatti, avevano lasciato per strada più di uno scontento.
(La Repubblica, 16 dicembre 2008)
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