Un volume ripercorre la nascita dell'arteria che cancellò vecchi rioni rivoluzionando la città
di Adriana Falsone
Il suo progetto, come riporta un quotidiano dell´epoca, fu presentato alla città come un´opera per il rinnovamento edilizio della città: «Una via larga, elegante, signorile, simile a un polmone che permettesse la respirazione di aria pura e salubre a interi rioni, fiancheggiata da magnifici edifici, da palazzi che la rendessero una delle più aristocratiche strade della nostra città». Un nuovo asse stradale che spazzò via, nell´arco di un cinquantennio, la storia di una parte della città. Adesso "Via Roma. La strada nuova del Novecento" (di Adriana Chirco e Mario Di Liberto, 285 pagine, 48 euro, Flaccovio editore) ne ricostruisce le vicende, mettendo in luce tutto quel susseguirsi di documenti e pratiche legali, senza tralasciare le nostalgiche rievocazioni. Il piano originale per il taglio della strada fu redatto dall´ingegnere Felice Giarrusso e prevedeva l´apertura di quattro grandi arterie che avrebbero tagliato il vecchio centro, nuove costruzioni edilizie dove avrebbero dovuto trovare posto gli abitanti delle case demolite (ovviamente tenendo conto della distinzione in base al reddito) con l´obiettivo di risanare tutti i rioni insalubri dalla via Lincoln alla via Divisi, dal corso Vittorio Emanuele alla via Bandiera e dalla via Bara alla via Cavour. Un taglio vero e proprio che in molti casi non tenne conto né dei beni che andavano distrutti né della vita della popolazione che sarebbe cambiata radicalmente. Se è vero infatti, che i cortili erano bui e con scarsissime condizioni igieniche, fu altrettanto ineluttabile che quella operosa quotidianità che contraddistingueva la vita da strada fui cancellata in un sol colpo, costringendo la popolazione abituata a riversarsi in strada a rintanarsi, questa volta, in casa. In via Roma spicca ad esempio la mancanza di viali alberati e luoghi di sosta come le piazze, a meno di non considerare quella di San Domenico, come se fosse chiaro l´intento di considerare la via soltanto come transito verso le zone settentrionali della città e come arteria di passaggio. Nella realizzazione dei nuovi edifici - senza dubbio l´iter burocratico di approvazione dei progetti è stato spesso farraginoso - fu privilegiato l´aspetto commerciale di tipo imprenditoriale, non costruendo né una scuola né una chiesa ma mantenendo soltanto quella di Sant´Antonio Abate e la chiesa anglicana. Per un chilometro e trecento metri si susseguivano negozi, due importanti teatri come il Biondo e il Finocchiaro - dotati di sala cinematografica - e importanti caffè. La presenza più numerosa spetta alle banche. Qui infatti si trovava la sede del Banco di Sicilia, del Banco di Credito Italiano e della Banca nazionale del lavoro. Per la realizzazione dell´imponente facciata della Cassa di risparmio, fu interamente sventrato tutto il rione Tornieri.
Gli autori si soffermano anche sullo studio architettonico dei nuovi palazzi, con commistioni di generi tra di loro spesso disomogenei. Qui, infatti, a differenza della vicina via Libertà, si ritrovano complessivamente pochi esempi di stile Liberty. «Le cortine edilizie mostrano, a tratti, caratteri di discontinuità in dipendenza dei diversi periodi di realizzazione - scrivono - Ancora più frastagliati e sfrangiati appaiono i fronti del tratto piazza San Domenico - via Bara, dove si susseguono, con leggere ma percepibili sfasature rispetto all´allineamento della strada, eterogenei edifici, tra i quali l´eclettica sede del Credito Italiano, il severo Palazzo delle Poste, la scialba facciata posticcia del Museo archeologico e, sul lato opposto, una serie di palazzi uniformati solo dall´altezza del volume. Su questo fronte, realizzato nel primo decennio del Novecento, emergono alcuni esempi decorativi di un certo interesse, come la ripresa dello stile medievale di Palazzo Chiarchiaro e la decorazione liberty di Palazzo Abbate-De Castro. Nell´ultimo tratto, verso via Cavour, sul lato occidentale, sono tre interessanti esempi di classica compostezza architettonica, nei lotti regolari che nascondono gli antichi vicoli dell´Itria; a oriente, due esempi architettonici significativi del secondo decennio del Novecento: Palazzo Ammirata, fantasiosa casa liberty di Francesco Paolo Rivas, e il palazzo delle Assicurazioni Venezia, elegante edificio per uffici, del maestro del Novecento palermitano, Ernesto Basile».
due tagli di via Roma, per convenzione il primo tra il 1895 e il 1910 (da corso Vittorio Emanuele a via Cavour) e il secondo tra il 1915 e il 1922 (dalla Stazione Ferroviaria a corso Vittorio) hanno comportato un elenco infinito di demolizioni e un susseguirsi di uffici speciali causati dalle polemiche degli espropri e da presunte irregolarità in alcuni appalti.Da contratto la pavimentazione doveva essere realizzata con basole di calcare duro provenienti da Boccadifalco, tenendo conto della diversa importanza delle strade. Curioso, infatti, è che il basolato di via Roma doveva essere di prima categoria, di seconda, invece, per le strade limitrofe. I marciapiedi poi, sarebbero stati realizzati con il famoso basolato di Billiemi. Frutto di un chiaro accordo, fu poi anche la realizzazione di una serie di edifici tra i venti e i ventisette metri, con regolamentazione anche dell´ampiezza delle camere e dei cortili interni, con l´obbligo per le imprese di costruire appartamenti "economici" con quattro ambienti al massimo. Non bisogna dimenticare, infatti, tutte quelle famiglie che furono sfollate per far posto alla strade e al cantiere. L´elenco dei tesori perduti sembra infinito ma fortunatamente parte di essi sono stati immortalati in alcune immagini dell´epoca. Tra gli edifici scomparsi, che il testo censisce e descrive, sicuramente si ricordano, tra gli altri, palazzo Monteleone, un edificio enorme con un grandissimo giardino, la chiesa di San Vincenzo Ferreri, la facciata della casa del barone Acates al numero 68 di via Teatro Santa Cecilia, la chiesa della congregazione dei Pollieri nel vicolo Schioppettieri, la chiesa delle Raccomandate, la chiesa di Santa Rosalia, o quella di San Nicolò degli scalzi con annesso oratorio del Salvatore.
(La Repubblica, 26 novembre 2008)
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