di Alessio Marri
È un ritorno in grande stile quello del gran maestro Licio Gelli. Una campagna mediatica degna dell'appellativo «Propaganda2», la loggia massonica segreta che per più di quarant'anni ha condotto personalmente segnando direttamente e indirettamente la vita democratica del paese. Due interviste lanciate nello stesso giorno, con toni e accenti diversi ma sempre agghiaccianti nei contenuti: «Con la P2 avevamo in mano l'Italia - ha dichiarato con fare sicuro ai microfoni di Klaus Davi - Con noi c'era l'Esercito, la Guardia di Finanza, la Polizia».
Appena escono le agenzie è bufera politica. Gelli ha spaziato su tutto. Dalla scuola, dove richiede la «mano forte come Scelba» per reprimere le contestazioni, ai sindacati: «Dove ho lavorato avevo i sindacati a libro paga», altrove «hanno impoverito l'Italia». Ce n'è pure per l'autore di Gomorra, Roberto Saviano: «Penso che abbia scritto solo per farsi pubblicità, è solo un costo per lo stato che deve proteggerlo». Berlusconi deve andare avanti anche «senza dialogo con le minoranze» e promuove la sua strategia politica basata su «una ragnatela capillare» che controlla e comanda l'Italia. Aggredisce il partito democratico («dovrebbe sparire»), provocando le timide reazioni del suo leader Walter Veltroni: «Sono onorato dai suoi attacchi». C'è chi chiede alla maggioranza di dissociarsi dalle parole di Gelli. Ma la richiesta cade nel vuoto.
Il gran maestro non teme nulla, e mostra il suo raffinato intendere di mezzi di comunicazione sovrapponendo l'intervista di «Klauscondicio» a quella più approfondita rilasciata a Pandora, il nuovo progetto televisivo promosso da Giulietto Chiesa, parlamentare europeo schieratosi tra le fila degli indipendenti. Di fronte alle domande di Udo Gumpel, giornalista tedesco direttore del network realizzato grazie a una raccolta fondi popolare, e Willan Philip, autore de L'Italia dei poteri occulti, il «venerabile» della P2 si confida ininterrottamente per più di mezz'ora: «Gli extracomunitari? Io non li accoglierei nei centri di permanenza temporanea ma in veri e propri campi di concentramento da cui rispedirli nel loro paese». Attraverso i suoi racconti si rivive la storia d'Italia. Dagli inizi nella P2 alla sua fede mai ripudiata nel fascismo e in special modo nella figura di Mussolini. («Tutti gli Italiani dovrebbero rimpiangere il fascismo, perché sotto Mussolini c'era serenità, lavoro e sicurezza»). È un Gelli tronfio del suo operato quello che si vanta della piena realizzazione del suo «Progetto di rinascita democratica». «O quasi - aggiunge - manca solo la divisione delle carriere giudiziarie, io ho sempre sostenuto che pm e giudici si debbano odiare. Mi sono battuto a lungo affinché nella selezione del personale fosse inserita una visita psichiatrica». E poi la spara grossa: «Prima di renderli operativi, ai giudici farei passare una settimana in carcere, per rendersi conto che non possono sbattere in galera gli imputati solo per teoremi accusatori, ma con prove concrete».
Per Giulio Andreotti la stima è manifestata in più occasioni: «È un grandissimo statista, con il suo umorismo al momento opportuno ha salvato l'Italia». E ancora: «Un'amicizia lontana, in quegli anni tutti lo avrebbero chiamato per un'operazione commerciale». Poi rivela un interessante particolare sul funzionamento degli aiuti al Sud : «In Toscana c'erano i sindacati e mi serviva spostare a sud le mie imprese della Permaflex - aggiunge quasi con il ghigno Gelli - dovevo scegliere un paese incluso nella legge della Cassa del Mezzogiorno e scelsi Frosinone, collegio di Andreotti».
E i rapporti con i socialisti? Su Craxi e Andreotti fece da «paciere». Per Martelli invece «salvai il partito socialista» con un'intermediazione speciale: «L'allora Psi era indebitato con il Banco Ambrosiano per 16 miliardi e per 5 con il Monte dei Paschi - spiega soddisfatto Gelli - l'Eni di Mazzanti aveva tremila miliardi depositati nelle banche, Calvi (presidente dell'Ambrosiano e trovato suicidato sotto un ponte di Londra, ndr) disse di portare mille miliardi nelle sue casse in modo da risanare il partito socialista con gli interessi». A quel punto «Martelli mi scrisse su una busta della camera dei deputati il numero del conto e la storia finì lì».
Si parla anche di Silvio Berlusconi, della sua iniziazione, del come e quanto la P2 contribuì alla sua ascesa, ma Licio Gelli solo su questo punto preferisce glissare: «La nostra selezione avveniva su persone che erano già affermate, non con chi doveva ancora fare carriera». E cambia argomento. «La nostra società vive un momento molto difficile, le Chiese sono tutte vuote e la famiglia è in crisi».«Le donne in politica? Troppe nel governo! E non sono d'accordo, la massaggiatrice di Berlusconi è passata alla camera dei deputati». Il sessismo si spreca: «Donne ministre? Assolutamente no! Neanche sottosegretarie. Ne tanto meno poliziotte o soldatesse. La donna deve occuparsi della famiglia». Giusto il tempo di un'ultima battuta sull'elezione di Obama a presidente degli Stati uniti d'America: «Se lo nominano davvero lo fanno fuori dopo quattro cinque mesi». Ma prima, a Klaus Davi, aveva detto anche di peggio: «Adesso i neri potranno vendicarsi dei bianchi».
dal Manifesto
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