Il dibattito regionale sugli strumenti istituzionali per il contrasto alla mafia aveva fatto emergere la necessità che, dopo le esperienze non entusiasmanti in altre legislature, la nuova Commissione regionale antimafia dovesse essere ispirata a una cultura politica diversa dal solito consociativismo dell´Ars: una cultura che ne esaltasse il rigore etico e l´efficacia nell´intervento. La recente composizione della commissione aveva lasciato qualche perplessità, che i primi atti confermano. A partire, per esempio, dall´assenza di qualsiasi commento per la presenza nella Commissione di un parlamentare come il deputato Salvino Caputo, già rinviato a giudizio per falsa testimonianza aggravata in un processo per fatti di mafia, e per il quale sono stati chiesti cinque anni di carcere e l´interdizione perpetua dai pubblici uffici. In un caso come questo come pensano di cavarsela il presidente Calogero Speziale e tutto il Parlamento, compresa la finora silente opposizione? Con il solito richiamo alla presunzione d´innocenza fino a sentenza definitiva? Si può tenere un atteggiamento di ignavia sulla Commissione antimafia per la quale dovrebbero essere applicate rigorosissime regole di opportunità politica e di tutela delle notizie riservate alle quali i suoi membri possono avere accesso? Ma purtroppo c´è dell´altro. Sulla proposta di modifica della legge nazionale circa il trasferimento alla Regione dei beni confiscati alla mafia forse la Commissione, prima di annunciare improvvide iniziative bipartisan, dovrebbe svolgere una più attenta valutazione dei fatti. Anche alla luce di una più attenta interpretazione dello spirito della legge 109 del 1996 che afferma la funzione sociale dei beni confiscati. Tali beni, da frutto di un´economia di rapina, devono diventare presidi concreti di culture e realizzazioni in campo sociale ed economico, alternativi alle mafie. Ogni bene confiscato acquisito dal patrimonio pubblico deve rappresentare la volontà delle istituzioni e della società civile organizzata di dimostrare che l´attacco ai patrimoni mafiosi può diventare un´alternativa sociale ed economica rispetto a ricatti e subculture mafiose. L´esperienza delle coop sociali sui terreni agricoli confiscati è da valorizzare e incrementare perché dimostra sul territorio, dove ancora dominano sistemi politico-affaristico e mafiosi, che la legalità democratica può diventare modello di sviluppo. Nel caso di imprese manifatturiere liberate da proprietà mafiose, è fondamentale che le istituzioni cooperino perché esse continuino le attività produttive impedendo che passi il messaggiodevastante di un´azione di repressione antimafia che toglie occupazione ai lavoratori onesti. È dimostrato che la mafia saccheggia le economie del Sud, ma agli studi devono seguire atti concreti nei quali la gente possa cogliere, oltre al valore etico dell´antimafia, la sua convenienza sul pianosociale. Da qui, sempre in ossequio allo spirito della legge109, la necessità di un impiego rapido del patrimonio immobiliare mafioso per affrontare le drammatiche emergenze sociali, per esempio come quella abitativa in città come Palermo. Questa è l´antimafia sociale che, tanto per parlare chiaro, non ha niente a che vedere con i buchi di bilancio che il presidente Lombardo vuole coprire con tutti i fondi reperibili, da quelli per lo sviluppo dei fondi strutturali dell´Ue, a quelli della confisca dei beni mafiosi che, se acquisiti senza vincoli al patrimonio regionale, sarebbero buttarti nel pozzo senza fondo del bilancio della Regione. Fa paura pensare, per esempio, che uno dei possibili utilizzi delle risorse potrebbe essere il patrimonio immobiliare della Regione, un bubbone sul quale sono state annunciate interventi di cassa con iniziative di «finanza creativa» mai chiarite fino in fondo. La Regione pensi a gestire e razionalizzare con fondi propri il suo patrimonio immobiliare e lasci i beni e le risorse confiscate alla mafia a iniziative sul territorio che abbiano una funzione sociale immediatamente riconoscibile e una precisa riconoscibilità di promozione etico-sociale.
LA REPUBBLICA, MERCOLEDÌ, 15 OTTOBRE 2008
LA REPUBBLICA, MERCOLEDÌ, 15 OTTOBRE 2008
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