Palermo, nuovo regolamento contro i nepotismi in facoltà. Un figlio può seguire le orme del padre, ma non nella stessa struttura. Presto una norma per impedire ai parenti di primo grado di lavorare insieme
di EMANUELE LAURIA
PALERMO - Un codice etico per l´Università di Palermo. Investito dalle polemiche ancora prima di insediarsi, il nuovo rettore dice che c´è bisogno di regole nuove nell´ateneo delle cento famiglie. Nel capoluogo siciliano le proteste contro la riforma Gelmini si sono mescolate ieri ai commenti sull´ultima parentopoli accademica denunciata da Repubblica. E Roberto Lagalla, 53 anni, docente di diagnostica per immagini alla facoltà di Medicina ed ex assessore regionale della giunta Cuffaro, si impegna ad adottare un regolamento che impedisca almeno la presenza di parenti stretti in uno stesso dipartimento.Professore Lagalla, rettore di Palermo dal primo novembre. Lei ne ha parenti all´Università?«La sfido a trovarne uno. Ci provi pure, non ci riuscirà».Ma il suo è un caso raro. Cento famiglie hanno residenza fissa in facoltà e dipartimenti dell´ateneo.«Guardi, io non sono pregiudizialmente contrario al fatto che un padre accademico abbia un figlio che ne segue le orme e diventa un docente universitario. Ci mancherebbe altro. Succede, d´altronde, in tutti gli atenei, in minore o maggiore misura».A Palermo succede in modo evidente. Nella sua facoltà, Medicina, abbiamo contato 24 ceppi familiari e 58 docenti imparentati fra loro.«I medici non sono diversi dai registi o dagli attori. Si respira l´aria della professione, in famiglia, e si cerca di seguire le orme di papà. D´altronde, a Medicina, che conta 450 docenti, è statisticamente più facile trovare parentele. Detto ciò, il punto è un altro. L´importante è che chi arriva all´insegnamento ne abbia i titoli. E che a tutti siano date le stesse opportunità».Marito, moglie e figli nello stesso dipartimento: sono tanti i casi. Nell´ateneo di Bari, dopo gli scandali, è stato adottato un codice etico per limitare la presenza di parenti nelle stesse strutture di ricerca. A Palermo no.«Il fenomeno denunciato da Repubblica è sotto gli occhi di tutti. Io credo che per un fatto di opportunità, bisognerebbe evitare la presenza di congiunti stretti nello stesso dipartimento. Nel mio programma per il rettorato ho previsto l´adozione di codici di autoregolamentazione per l´ateneo. Vorrei introdurre una norma per impedire ai parenti di primo grado di svolgere la loro attività nella medesima struttura. Altre università, d´altronde, hanno adottato misure di questo tipo, più o meno stringenti. Mettendo da parte la demagogia si può pensare a un modello come quello della magistratura, che non ammette parentele strette negli stessi settori». La parentopoli palermitana si è formata anche in seguito a concorsi che hanno visto i baroni dell´ateneo favorirsi reciprocamente per far nominare i propri rampolli. Forse anche quello è un sistema da riformare.«Quello della selezione degli accademici è un problema antico che riguarda tutte le università. La soluzione è il concorso di idoneità nazionale, al termine del quale gli atenei possono chiamare chi vogliono, assumendosi la piena responsabilità della scelta. Ma bisogna adottare anche un sistema di verifica periodica della risposta didattica e della capacità scientifica del docente. Perché ciò che manca oggi è un vero sistema che sanzioni o premi i professori universitari. Si può fare una riforma seria dell´università. A patto che non cominci tagliando le risorse».
ma poi li raccomandano in un altro posto dell'italia in italia siamo il lupo perde il pelo ma non il vizio
RispondiEliminama ci pensate a quanti ragazzi sono andati via dalla sicilia perchè non trovavano lavoro dentro l'università e questi signori hanno campato demtro l'università per tutti questi anni. Non debbono esistere queste cose. I figli degli amici debbono essere trasferiti d'ufficio altrove dobbiamo dare un segnale "FORTE".
RispondiEliminaAldo