Silvio Berlusconi lo ha rassicurato. «Nicola vai avanti». Ma lui, Nicola, non è affatto tranquillo. Stiamo parlando dell’onorevole Nicola Cosentino, potentissimo sottosegretario all’Economia. La sua faccia occupa tutta intera la copertina de l’Espresso in edicola, gli articoli raccontano l’ultima (?) puntata di una storia di camorra e politica, casalesi e voti, affari e soldi del clan più potente e feroce della Campania. Parlano i pentiti, arrivati a cinque e sgranano il rosario dei legami dell’onorevole e della sua famiglia con Francesco Schiavone, Sandokan, Michele Zagaria, Francesco Bidognetti, Cicciotto ’e Mezzanotte. L’onorevole, dicevamo, non si sente affatto tranquillizzato dalle parole di Berlusconi o dalla solidarietà di maniera del ministro Gianfranco Rotondi, che paragona la sua vicenda a quella di Giulio Andreotti e del bacio con Riina. L’inchiesta c’è, i riscontri incrociati delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia pure e l’onorevole sottosegretario è indagato dalla procura antimafia di Napoli. Ma a rabbuiare Cosentino è il clima di guerra per bande che si è scatenato all’interno del Pdl in Campania. Da una parte i «casertani», forti del ricco pacchetto di voti di Cosentino & soci, dall’altra la vecchia guardia, i fratelli Fulvio e Antonio Martusciello e soprattutto Alfredo Vito, ex mister centomila preferenze e attivissimo organizzatore di trame e veleni nella Commissione Telekom-Serbia. In palio c’è la conquista della Regione, data per sicura dal Pdl. Il sottosegretario ha il sospetto, e lo ha detto in alcune interviste, che qualcuno dentro il suo partito stia manovrando per affossarlo. «Da quando abbiamo in mano il partito», ha detto, «abbiamo vinto tutto, quando a comandare erano gli altri vinceva il centrosinistra». Gli «altri» sono Vito e i Martusciello brothers, messi ai margini ma alla ricerca di una rivincita.È Dario De Simone, una volta al vertice del clan dei casalesi, pentito dal 1998, a parlare di Cosentino. «Era a nostra disposizione». Dal 1995, quando l’ex giovanissimo consigliere comunale di Casal di Principe (allora promessa del Psdi), decise di fare il grande salto alla Regione sotto le bandiere di Berlusconi. «Tutta l’organizzazione si occupò dell’elezione di Cosentino. L’onorevole ci disse che la vittoria di Forza Italia avrebbe alleggerito la nostra posizione a livello processuale». Le solite promesse fatte, sempre in quegli anni, ad esponenti di Cosa Nostra e della ’ndrangheta: sconfiggere le «toghe rosse», cambiare il codice penale, devitalizzare le misure antimafia. L’onorevole indicava ai casalesi anche i nemici da cui guardarsi. Racconta De Simone: «Ci invitava a stare attenti all’onorevole Diana (Lorenzo, all’epoca parlamentare del Pds, vive sotto scorta da anni, ndr) e a Renato Natale (ex sindaco comunista di Casal Di Principe, i casalesi avevano deciso di ammazzarlo, ndr) perché erano legati a Violante e facevano pressione per far intervenire massicciamente la polizia nel nostro territorio». Dario De Simone è ritenuto un collaboratore attendibile dai magistrati, fra i testi più importanti del processo «Spartacus» ha pagato un prezzo altissimo per la sua collaborazione: i casalesi gli hanno ammazzato il fratello e uno zio.Affari e coperture, appoggi politici alle elezioni e business monnezza. Anche Gaetano Vassallo, mente e braccio finanziario della camorra, rivela i rapporti del clan con il sottosegretario Cosentino e la sua famiglia, una vera e propria holding milionaria, attiva nel campo immobiliare, dei petroli e dei rifiuti. Il quadro che sta emergendo dalle inchieste della procura distrettuale antimafia napoletana è allarmante. I casalesi non sono solo una banda criminale feroce, è mafia, e come la mafia il clan ha costruito solidissimi rapporti con il mondo politico. Il 4 febbraio 2008 parla il pentito Michele Froncillo: «Letizia Raffaele detto Lello, che era ed è esponente apicale del clan dei Casalesi per conto di Schiavone ed in particolare a Massimo Russo detto Paperino ed al fratello Giuseppe Russo anche durante il periodo di latitanza. Lo stesso ha rapporti con i politici come Coronella, Nicola Cosentino, Nicola Caputo, come vi ho riferito in precedente verbali; i contatti erano finalizzati a vincere le gare di importanti opere pubbliche». Il senatore Gennaro Coronella ha la tessera del partito di Gianfranco Fini e di Ignazio La Russa in tasca ed è coordinatore di Alleanza nazionale a Caserta. Ma i rapporti dei casalesi non si limitavano al solo centrodestra. Il pentito Luigi Diana ha indicato Mario Natale come uno dei «prestanome dei casalesi». Di professione imprenditore, Natale è stato arrestato il 30 settembre scorso e scarcerato pochi giorni fa. Il figlio è consigliere comunale del Pdl a Casal di Principe, mentre suo fratello Vincenzo è membro dell’assemblea regionale del Partito Democratico eletto nelle liste dei «coraggiosi» che fanno capo al presidente della provincia di Caserta De Franciscis. Suo figlio Massimiliano è assessore di area Pd a Santa Maria Capua Vetere. Non c’è che dire, quella dei casalesi è una camorra bipartisan.
L'Unità, 18.10.08
NELLA FOTO: Nicola Cosentino
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