di ANTONELLA ROMANO
PER spiegare il definitivo tracollo del Pd, confermato con il voto di domenica, Franco Piro, il candidato alla Provincia del centrosinistra sonoramente sconfitto da Giovanni Avanti, se la prende ancora con le scelte «calate dall´alto». «C´è chi è stato paracadutato in Sicilia per essere eletto e ha promesso che avrebbe portato la voce dei siciliani in Parlamento. Ma sarà ancora in viaggio, perché nessuno lo ha più visto». A Piro, che ha accettato di fare il candidato di tutta la coalizione, ottenendo anche un punto e mezzo in più rispetto ai voti di lista, brucia ancora l´esclusione dalla lista alla Camera (per fare posto a Piero Martino, portavoce di Enrico Franceschini, ndr) e il dirottamento in un posto non utile per il seggio al Senato. Tutti sintomi di un malessere che dal 14 aprile, per le nazionali e le regionali, a oggi, terza replica della sconfitta, rimbomba ormai come un de profundis. Piro, il primo che nel dopo voto ha sollecitato il ricambio dei vertici del partito siciliano, individua alcuni motivi del declino del Pd: la più bassa affluenza alle urne mai registrata, una coalizione nazionale «fantasma» e un totale disimpegno del centrosinistra a livello regionale. «Siamo stati mandati a mani nude contro i carri armati - dice Piro - Non ci hanno dato neanche un fucile ad acqua per difenderci. E così siamo stati travolti: anzi abbiamo fatto il meglio che si poteva. È innegabile che ci sia stato un collasso del Pd non solo a Palermo ma in tutta la Sicilia». Oggi più che mai Piro, «senza voler colpevolizzare gli unici due dirigenti regionali del Pd», chiede la realizzazione di un congresso regionale straordinario della coalizione. «Dobbiamo arrivarci con una dirigenza dimissionaria, per capire gli errori e riconquistare la fiducia degli elettori. Il 29 per cento dei votanti è la percentuale più bassa mai registrata a Palermo e in questo ci vedo un chiaro segnale di protesta e di sfiducia».
Quella del Pd in Sicilia è stata una débâcle. Questo per tutti è il dato di fatto. «Abbiamo perso migliaia, migliaia e migliaia di elettori. Alle nazionali il Pd ha prosciugato l´area del cetrosinistra, prima occupata dall´Ulivo - dichiara il capogruppo del Pd all´Ars Antonello Cracolici - Di fronte a una situazione straordinaria non si può mettere la testa sotto la sabbia o rinviare in autunno». Operazione, quella varata con la nascita del Pd, che dà già troppi segni di crisi. «La spinta e l´innovazione introdotte con le primarie nella pratica si sono già perse. Il Pd oggi non parla all´anima delle persone, la gente lo avverte come il partito di un ceto politico - aggiunge Cracolici - E se perdiamo di vista l´anima del partito, che è il popolo, rischiamo di avere un partito liquido, anzi aeriforme, che non funziona». Per Cracolici quando si perde così, non è detto che basti cambiare l´allenatore per rivitalizzare la squadra: «Sicuramente dobbiamo evitare la ridda di tutti contro tutti. Abbiamo problemi politici di fondo su cui ragionare». Chiede senza mezzi termini il ricambio della classe dirigente, a partire dalle risorse dell´isola più radicate, il deputato del Pd Davide Faraone. «Nessun bagno di sangue ma per avere un profondo cambiamento è necessario che i vertici del partito facciano un passo indietro e favoriscano la creazione di una nuova proposta politica che sia figlia di nuovi interpreti - dice Faraone - Il nuovo Pd siciliano deve avere una forte componente autonomista e le scelte devono essere affrontate con il nazionale nell´ambito del dialogo e non subite supinamente». Pronto a rimettere in moto i circoli cittadini del Pd, mai attivati del tutto, è il segretario provinciale Ninni Terminelli: «Basta con le sfide intestine tra ex Ds e ex Margherita. Il Pd non è una spa e per costruirlo dalla base occorre che i circoli vengano tenuti in considerazione. Per questo li ho convocati. A ciascuno affiderò un tempo preciso per eleggere i loro coordinatori e presentare le prime proposte».
La Repubblica, 19 giugno 2008
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