lunedì 26 maggio 2008

Lotta alla mafia. Lo storico Francesco Renda chiede una commissione parlamentare d’inchiesta sulla cosiddetta zona grigia

di Norma Ferrara

Istanze di cambiamento talvolta inascoltate, nuove generazioni che cercano e trovano un varco per sovvertire lo status quo mafioso e parti della società civile che fanno loro eco. Nascono dall’osservazione di questa società cangiante e imprevedibile le conversazioni in Sicilia di Antonio Riolo, sindacalista della Cgil e dello storico Francesco Renda. Il risultato è custodito in un libro dal titolo “Liberare l’Italia dalle mafie” presentato ieri all’Auditorium Rai di Palermo. All’incontro moderato da Salvatore Cusimano (ex cronista giudiziario Rai, oggi direttore dell’Auditorium) hanno partecipato fra gli altri il procuratore della repubblica di Palermo, Francesco Messineo, Italo Tripi della Cgil Sicilia, Enrico Colajanni (presidente Libero futuro) e l’attuale parlamentare Giuseppe Lumia.

La mafia come un virus che si è diffuso nell’aria e contro il quale abbiamo dimostrato di non avere ancora anticorpi in grado di difenderci. E’ questa l’immagine che Renda sceglie per far capire quanto essenziale sia ancora oggi parlare di mafie e quanto ancor di più sia l’influenza di Cosa nostra sulla società, sugli apparati e le istituzioni, sul sistema Paese, tanto che 1/3 dell’Italia è governata dalla criminalità organizzata. “Questo libro nasce da un dato – dichiara Renda – intorno a noi continuavamo a registrare richieste di cambiamento, segnali chiari che andavano raccolti e sostenuti; Era necessaria una nuova fase di riflessione sull’aspetto infettivo di Cosa nostra, tutto il libro è un ragionamento metodologico e concreto su come fermare questo “veleno” mafioso ma anche un appello affinché la società prenda coscienza di questo, perché sin ad oggi è stato un dato fortemente sottovalutato, trascurato, ridimensionato”. Tre in particolare, secondo gli autori, sono i punti chiave dai quali bisognerebbe ripartire in questa nuova fase per la liberazione dalle mafie.

Il primo riguarda la necessità di un nuovo eu-topos, un’utopia che per farsi davvero concreta deve propagarsi ed essere agita in tutti gli ambiti della società italiana, anche attraverso una posizione trasparente e di responsabilità della politica stessa, ovvero l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta su questa “influenza mafiosa”. Il secondo riguarda la società civile che deve promuovere comportamenti di rottura, come quelli già in atto. Inoltre, conclude Renda, da troppi anni “viviamo in un meridione in cui la lotta alla mafia è solo meridionale” mentre è giunta l’ora di capire che la lotta alle mafie non è più solo una “cosa nostra”. Quelli già trascorsi sono stati anni di lotte – dichiara il procuratore della repubblica di Palermo Francesco Messineo – di contenimento e d’emergenza fra le Istituzioni e la mafia, volti soprattutto a sconfiggerne l’ala militare. Oggi la situazione è decisamente cambiata, abbiamo più elementi per capire analizzare ed intervenire, anche se non sappiamo ancora abbastanza e la lotta contro Cosa nostra, anche sotto l’aspetto miliare, non è ancora vinta. In merito alla zona grigia – commenta il procuratore - non credo nella teoria della borghesia mafiosa; bensì proprio il mancato sviluppo di una vera borghesia ha consentito a Cosa nostra di nascere e crescere all’ombra del nostro mercato economico e non solo”. Un’economia che come testimonia Antonio Riolo, coautore del libro, sta iniziando a dare segni di ripresa incontrovertibili.

Ci sono stati esempi virtuosi che consentono oggi di sperare: dai ragazzi di Addiopizzo, movimento di giovani per il consumo critico a Libero futuro, associazione antiracket presieduta da Enrico Colaianni, alle cooperative come La Placido Rizzotto che coltiva terre e produce prodotti sui terreni confiscati a Cosa nostra. Ce ne sono tanti altri, invisibili, che ogni giorno hanno luogo nelle scuole o nelle associazioni e soprattutto queste diventano il tramite quotidiano per ricostruire quel rapporto interrotto fra i giovani e la cosa pubblica.

Alla resa dei conti nella lotta alle mafie la grande assente sembra sempre lei, la politica, la stessa dichiara Italo Tripi della Cgil Sicilia, “capace di concentrare l’attenzione di tutti in breve tempo, come sta accadendo con la questione immigrati e Rom, e produrre risultati concreti. A giudicare dalla percezione dei cittadini e dagli effetti ottenuti solo se si mettesse la mafia al centro del dibattito con la stessa forza si potrebbero auspicare interventi efficaci”. Ed è l’unico politico presente in sala a prendere la parola a spiegare i perché di tanta ritrosia nel farlo: “la politica – dichiara Giuseppe Lumia – fa una fatica immensa perché se mettesse la questione mafie al centro dell’agenda nazionale dovrebbe metter in discussione se stessa, in primis, ecco perché non lo fa. La buona politica invece non dovrebbe aver paura di farlo perché questa diventa parimenti unica via per riformarsi e fare quel salto di innovazione che altrimenti non riuscirà a fare. Infine - chiosa Lumia - trovo ragionevole la proposta di Renda e posso già dire che mi impegnerò a proporre alla prossima commissione antimafia l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulla cosiddetta zona grigia.

Dalle conversazioni in Sicilia contenute nel libro a quattro mani di Riolo – Renda, definito dal presidente di Libero Futuro, Enrico Colajanni “un nuovo manifesto per chi oggi si occupa di lotta alle mafie e al racket”, guardando ad un’utopia necessaria, indispensabile per operare nel quotidiano partono da Palermo i primi “ragionamenti – proposte”, verso un’Italia libera dalla cultura mafiosa e una nuova fase della lotta a tutte le mafie.

23.05.2008

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