ESCLUSIVO. Arrestato l'uomo che il padrino segnava con il misterioso "codice 60" e a cui ricorreva per consigli sulla salute. E' Gaetano Lipari, di Altavilla (Palermo), consigliere comunale, in contatto con il deputato regionale di Forza Italia Giovanni Mercadante, in carcere per mafia
di SALVO PALAZZOLO
PALERMO - Per più di un anno e mezzo è rimasto un giallo: chi si nascondeva dietro il misterioso "codice 60" segnato nei pizzini di Bernardo Provenzano? Chi era il sanitario che si prendeva cura della salute del capo di Cosa nostra? Tutti gli indizi per individuarlo stavano in quei biglietti ritrovati dalla polizia nel covo del padrino, al momento dell'arresto, l'11 aprile 2006. Il rompicapo ha oggi una soluzione: le indagini hanno portato a Gaetano Michele Arcangelo Lipari, 47 anni, infermiere in servizio all'Ausl 6 di Bagheria, consigliere d'opposizione al Comune di Altavilla Milicia (Palermo), eletto in una lista civica e vicino a Forza Italia. La squadra mobile di Palermo e il reparto operativo dei carabinieri l'hanno arrestato questa mattina, su ordine del gip Maria Pino, così come avevano chiesto il procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e i sostituti Michele Prestipino, Nino Di Matteo e Marzia Sabella. "Il 60 ha il giovedì libero", era il primo indizio che si leggeva fra i pizzini. E ancora: "All'inizio di aprile 2006 ha avuto la febbre". Provenzano avrebbe dovuto incontrare il suo infermiere di fiducia giovedì 20 aprile, ma fu arrestato prima. "123 è in contatto con 60", scriveva il padrino ai suoi uomini, per organizzare quella visita. Il posto sarebbe stato scelto da "15", "ma 15 non deve incontrare 60". Dopo giorni di preparativi, tutto era pronto. Così scriveva "123" a Provenzano: "60, l'ho incontrato lunedì scorso (...) gli ho detto di portarsi una puntura e l'occorrente per gli esami, per lui va bene il mercoledì sera per tornare venerdì mattino". Il codice 123 informava infine il collega 5: "Con il volere di Dio, giovedì 20 aprile". Da queste tracce i magistrati sono partiti per decifrare un altro pezzo del codice Provenzano. Il primo numero a essere interpretato è stato "123": era Carmelo Gariffo il nipote prediletto di Provenzano, che da Corleone non poteva spostarsi perché aveva l'obbligo di dimora. Il "15" era Bernardo Riina, il custode del covo di Montagna dei Cavalli. Chi era il codice 60? La squadra mobile diretta da Piero Angeloni e il servizio centrale operativo della polizia hanno incrociato presto le indagini dei carabinieri su alcuni insospettabili di Altavilla, centro a 25 chilometri dal capoluogo siciliano: fra loro, c'era un infermiere in contatto con il deputato regionale di Forza Italia Giovanni Mercadante, medico radiologo che nel luglio 2006 è finito in carcere con l'accusa di essere stato vicino a Provenzano. Così Lipari diceva al telefono a Mercadante: "Giovanni, noi siamo sempre qui ad aspettarti, a darti sempre una mano d'aiuto perché sei un amico nostro, ora lasciando stare la politica, ti aspettiamo sperando di poter crescere in maniera più forte Giovanni...".
Lipari non era proprio un insospettabile: è risultato essere cugino di Pino Lipari, il consigliere di Provenzano per gli affari economici e politici. Una veloce verifica ha portato a scoprire che l'infermiere si era assentato dal lavoro dal 22 al 25 marzo 2006, per malattia ("Il 60 ha avuto la febbre", era scritto nei pizzini). E soprattutto che un lunedì, il 3 aprile 2006, era andato a Corleone, dove ha dei parenti ("Lunedì scorso l'ho incontrato", aveva scritto Gariffo). Infine, dalle intercettazioni fatte all'epoca, sono emersi i contatti telefonici fra Lipari e Gariffo. "Carissimo - scriveva il 60 a Provenzano - con gioia ho ricevuto tue notizie, mi dispiace sentirti dire che stai non molto bene e la cosa mi fa stare male. Capisco che i tuoi movimenti non sono normali come ognuno di noi ma bisogna che si prenda un provvedimento urgente magari solo per fare la puntura perché non farla può peggiorare la tua situazione". E dopo aver scritto di salute, il 60 chiedeva notizie di alcune estorsioni. Da quando era stato operato di tumore alla prostata, Provenzano doveva fare ogni tre mesi una iniezione di Decapeptyl 11,25 mg, che costa 552,20 euro. La confezione era sulla scrivania del padrino al momento del blitz, dentro una busta dell'ospedale Buccheri La Ferla: per avere conferma dell'identità del codice 60 gli investigatori hanno anche passato al setaccio tutte le farmacie della provincia, lì dove erano state distribuite le 261 scatole di Decapeptyl dalla casa produttrice. Per la vendita, ci vuole non solo la ricetta, ma anche un piano terapeutico. Il padrino non aveva nulla di tutto questo. Provvedeva l'infermiere. Al vaglio della Procura, c'è la posizione di un farmacista.
(La Repubblica, 17 dicembre 2007)
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