CALTANISSETTA - L'ex boss palermitano dell'Acquasanta, Angelo Fontana, oggi collaboratore di giustizia, avrebbe visto tre uomini dei servizi segreti subito dopo la strage di via D'Amelio. Lo avrebbe rivelato ai magistrati di Caltanissetta che seguirebbero adesso due filoni sulle "presenze" di uomini dei servizi segreti il giorno dell'eccidio in cui perse la vita Paolo Borsellino e i cinque uomini della sua scorta. Due filoni di indagini che riguardano la presenza di 007 al Castello Utveggio e la presenza di uno o più uomini dei servizi in via Mariano D'Amelio subito dopo la strage. Fontana, un ergastolo ormai definito, è stato uno dei tre collaboranti che i magistrati di Caltanissetta hanno ascoltato negli ultimi giorni. I verbali con le prime dichiarazioni sulla strage di via D'Amelio erano state raccolte dai sostituti della Procura di Palermo, ma subito trasmesse ai colleghi nisseni, depositari delle indagini sulla strage. Fontana avrebbe rivelato di avere visto personaggi che lui conosceva come appartenenti ai servizi segreti. Avrebbe anche saputo della presenza degli 007 al castello Utveggio su monte Pellegrino e sul luogo della strage alcuni minuti dopo l'eccidio. Fontana avrebbe raccontato di avere chiesto spiegazioni e di averle avute da chi sapeva.Nella missione compiuta dal sostituto procuratore nisseno Rocco Liguori, che ha condotto l'interrogatorio, sono anche stati ascoltati Giovan Battista Ferrante e Giovanni Brusca. Ferrante ha continuato a sostenere la tesi che l'esplosivo in via D'Amelio è stato collocato all'interno di un bidone per i rifiuti e non, invece, all'interno della Fiat 126 come acclarato ormai come "verità processuale". I magistrati ritengono la sua dichiarazione errata "ma dettata da sincerità", ovvero che Ferrante non avrebbe motivo di mentire sul particolare, ma che l'esplosivo, come accertato dai vari processi ormai conclusi venne piazzato nella Fiat 126 trasformata in autobomba.Giovani Brusca avrebbe accennato a "qualcosa di interessante", a quanto già detto negli anni scorsi sia nei vari processi che negli interrogatori ai quali è stato sottoposto dai magistrati delle Procure di Palermo, Firenze e Caltanissetta sulla stagione stragista del 1992 e del 1993. Secondo indiscrezioni l'ex boss di San Giuseppe Jato avrebbe ripetuto il nome di un personaggio il quale avrebbe svolto il ruolo di intermediario tra lo Stato e i mafiosi nell'ambito della trattativa che era stata avviata subito dopo la strage di Capaci. Brusca avrebbe anche affermato che l'uccisione di Paolo Borsellino avvenne perché bisognava "eliminare l'ostacolo alla trattativa che Riina aveva in corso". La Procura di Caltanissetta, nell'ambito delle indagini parallele a quelle sulla strage di via D'Amelio, ha assegnato alla Dia nissena le indagini sul furto dell'agenda rossa che apparteneva a Paolo Borsellino. Nei giorni scorsi la Procura aveva chiesto l'archiviazione dell'inchiesta ma il gip Ottavio Sferlazza si è opposto imponendo nuove indagini, ora delegate alla Dia.
La Sicilia, 04/08/2007
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