lunedì 30 luglio 2007

Il parlamentare dell'Udc Cosimo Mele: «Ero io con la squillo ma mi dimetto»

«Quel parlamentare sono io, ma droga non ne ho vista e la signora mi era stata presentata quella sera a cena da amici». Cosimo Mele, 50 anni, una moglie e tre figli, nato in provincia di Brindisi e in quel collegio eletto nelle liste dell'Udc, esce allo scoperto «per evitare speculazioni politiche a danno del partito». Mele, per sua stessa ammissione, è dunque il parlamentare che ha trascorso la notte tra venerdì e sabato in una suite dell'hotel Flora in via Veneto a Roma con una signora, o forse due, poi ricoverata in ospedale per un malore, da attribuire, sembra, all'uso di cocaina e alcol. A conclusione della vicenda la polizia non ha riscontrato alcun reato, né denunciato, quindi, alcuno.
Dopo essere uscito allo scoperto Mele ha poi rassegnato le proprie dimissioni dal partito. L'ufficio stampa dell'Udc ha confermato che Cosimo Mele ha comunicato al segretario nazionale Lorenzo Cesa le sue dimissioni dall'Udc. «Si tratta di una scelta - chiarisce l'on.Mele, nella nota diffusa dal partito - per evitare indebite speculazioni, nella vicenda che mi coinvolge, a danno del partito».
Poi racconta cosa è successo quella notte a luci rosse. «Venerdì sera - racconta Mele - sono stato a cena con alcuni amici al ristorante romano Camponeschi. E loro mi hanno presentato quella signora, e non sapevo che facesse quel tipo di prestazioni. Era tardi - aggiunge - e io mi sono lasciato tentare...». Il parlamentare dell'Udc si difende: «È stata una debolezza, ma si tratta di una vicenda privata. I politici, sa, sono persone umane come tutte e con tutte le loro manchevolezze umane. Non perchè uno fa politica, allora deve essere sottoposto ad un moralismo eccessivo». Cos'è accaduto allora? «Siamo stati in albergo. Ma ad un certo punto mi sono accorto che la signora non stava bene. Aveva delle allucinazioni, non so cosa le avesse preso».
E, a riprova della sua buona fede, Mele ricorda che «ho dovuto chiamare la reception tre volte ed avvisare il soccorso medico, ho dovuto insistere perchè lei non voleva...». Ma si è accorto che la signora aveva assunto stupefacenti? «No, per nulla. Mi sono appisolato, e ho visto anche che aveva chiamato una ragazza ma non so...». Ha ricevuto manifestazioni di solidarietà? «L'episodio è freschissimo, quindi non ce n'è stato tempo. Certo, telefonate di amici ne ho avuto», dice aggiungendo che «è vero, ho sbagliato. Adesso però, mi scusi, voglio pensare solo alla mia famiglia».
Cosimo (Mimmo) Mele è al secondo matrimonio. Dal primo ha avuto due figli. Un figlio è nato anche dalla nuova unione, mentre un quarto, a quanto si è appreso, è in arrivo. Imprenditore del settore edile, è stato più volte eletto nel consiglio comunale di Carovigno, il suo paese. Attualmente oltre che deputato è anche consigliere comunale. Mele ha avuto anche un incidente di percorso quando fu arrestato il 5 gennaio 1999, insieme con altre cinque persone, con l'accusa di aver ottenuto tangenti da centinaia di milioni di lire in cambio di favori nell'assegnazione di appalti pubblici e assunzioni nel periodo in cui aveva ricoperto la poltrona di vicesindaco. La polizia denominò l'inchiesta - che non si è ancora conclusa, essendo il processo tuttora in corso dinanzi al Tribunale di Brindisi - Montecarlo, in quanto sia Mele sia l'ex sindaco di Carovigno Vito Angelo Perrino erano abituè dei casinò di Montecarlo e Venezia.
Il comportamento di Cosimo Mele è incompatibile con i valori dell'Udc, e dunque il deputato non farà più parte del gruppo alla Camera, ma certo «la solitudine è una cosa molto seria e la vita del parlamentare è una cosa dura per chi la fa seriamente», dice il segretario del partito Lorenzo Cesa. «Io - afferma sempre il segretario del partito - vado a letto alle 22.30 la sera» per fare fronte alle giornate piene di impegni che si susseguono. Duro il lavoro, quindi, ma duro è anche stare lontano dagli affetti: «Questa mattina ho incontrato un alto funzionario della Camera che - racconta Cesa - ha sottolineato come 'si fa un gran parlare dei costi della politica e, invece al parlamentare bisognerebbe dare di più e consentire il ricongiungimento familiare».
Critiche da Luca Volontè, Udc: «Chi si droga non può legiferare, chi è complice dello sfruttamento della prostituzione non può parlare di famiglia, figli, diritti umani». «Voglio proprio vedere come voterà uno che va a puttane e si droga - si chiede Oliviero Diliberto, segretario del Pdci - il giorno che voteremo in Parlamento, sulla sacralità della famiglia». Il sottosegretario all'Economia, Paolo Cento (Verdi), denuncia l'ipocrisia che regna in Parlamento: «Facciamo allora un bel test antidroga ai senatori e ai deputati e faremo cadere questo muro di menzogna. Perché il ceto politico finisce per essere proibizionista con gli altri e libertino con se stesso ».
Dissacrante il commento di Franco Grillino di Sinistra Democratica. «Il grottesco, è che solo in Italia abbiamo i leader divorziati (nessuno escluso della destra) che sono contro il divorzio breve. Abbiamo leader conviventi che sono contro la legge sui conviventi, i leader che si fanno vedere con la collezione di amanti e poi vanno al Family Day accolti con grandi ovazioni. Sempre a destra abbiamo a destra, gli "atei devoti". Dopo il caso Mele abbiamo una nuova categoria che è venuta alla luce: i puttanieri moralisti. La cosa più divertente e ridicola è che la gerarchia ecclesiastica è schierata come un sol uomo con costoro. Auguri, monsignor Bertone». Ma proprio per questo, «potremmo dire mille grazie Cosimo Mele», poichè «d'ora in poi quando i saputelli moralisti dell'Udc ci faranno il pistolotto sui «valori», sulla morale, sulla decadenza dell'Occidente che ha perso le radici cristiane, potremmo dire che, dopo il caso Mele, quantomeno sarebbe meglio moderare l'estremismo sessuofobico, omofobico, e il clericalismo da convenienza elettorale».
L’Unità, 30.07.07


Il protagonista
«Una debolezza, ma non sono fuggito»
«Non ho il coraggio di dirlo ai miei figli»


ROMA — «Ho sbagliato (silenzio) sono pentito (silenzio). Sono stato sfigato perché se la ragazza non si fosse sentita male non sarebbe successo nulla. Ma sono anche orgoglioso». Orgoglioso? «Sì, orgoglioso di me stesso. Quando ho avvertito la reception e poi chiesto di chiamare un'ambulanza ho capito che il mio nome poteva uscire. Molti altri se la sarebbero data a gambe». Solo che Cosimo Mele — deputato dell'Udc, 50 anni, sposato, tre figli — la parola orgoglioso la pronuncia come un sussurro, con la voce tremante di chi si sente «cadere il mondo addosso».
Cosa è successo venerdì sera? «Sono uscito dalla Camera intorno alle nove, sono andato a cena con degli amici, non politici, al Camponeschi, un ristorante di Piazza Farnese. Dopo un po' è arrivata questa ragazza, che io non avevo mai visto prima, ma che conosceva i miei amici. È stata lei che ha cominciato a parlarmi...».
Sta dicendo che è stato adescato? «Adescato? Io non sono esperto di queste cose ma non avevo capito che fosse una prostituta».
E cosa pensava? «Pensavo fosse la ragazza che cercava un'avventura. Ho capito solo quando siamo arrivati all'Hotel Flora».
L'ha pagata? «Pagata... non proprio. Le ho fatto un regalo, una somma in denaro, niente di esagerato però. Poi siamo saliti su, siamo stati insieme, e dopo io mi sono addormentato».
Avevate preso cocaina? «Io non ho preso cocaina né altri tipi di droga. Non ho visto se quella ragazza l'ha presa oppure no. Forse sì, ma magari prima di incontrarmi oppure mentre dormivo».
Lei ha firmato la proposta di legge sul test antidroga per i parlamentari. «Francamente non ricordo, ma il test sono pronto a farlo anche subito».
Non c'era con voi un'altra ragazza? «Quando siamo saliti no. Quando mi sono svegliato ho sentito che, nel salottino della stanza, la mia accompagnatrice stava parlando con un'altra ragazza, straniera. Credo una sua amica, l'aveva chiamata lei».
E la sua accompagnatrice quando si è sentita male? «Poco dopo, ormai era quasi mattina. Delirava».
Agli infermieri del San Giacomo ha detto di essere stata costretta a prendere pasticche. «Se è per questo diceva anche che io l'avevo rapita, che non volevo chiamare l'ambulanza. Ma era in evidente stato di allucinazione. Per questo ho deciso di non accompagnarla in ospedale. Anche se tramite i miei amici, che la conoscevano, mi sono subito informato sulle sue condizioni».
Crede che la sua carriera politica sia finita qui? «Deciderà il mio partito. Ma non mi sento di aver tradito niente e nessuno, se non la mia famiglia».
Lei fa parte di un partito, l'Udc, che della difesa della famiglia ha fatto una bandiera. «Lo so, e per questo ho deciso di dare le dimissioni dall'Udc. Ma non vedo perché dovrei dimettermi da deputato, anche io sono un uomo con le mie virtù e le mie debolezze».
Una debolezza considerata grave a giudicare dalle sue dimissioni. «Guardi, credo che nella politica italiana ci sia una grande ipocrisia. Adesso mi spareranno addosso quelli di Forza Italia, come se loro fossero tutti santarelli. Per non parlare di quelli della sinistra, che anche loro, quando serve, si fanno gli affari loro. E invece noi politici siamo uomini come gli altri: anche a noi capita di sbagliare».
Era la prima volta, onorevole? «Non mi succedeva da tantissimi anni. Sono stato ragazzo anche io».
Come si sente adesso? «Mi sento il mondo cadere addosso. Lo so, è una frase fatta, ma è proprio quello che sento». Cosa le ha detto sua moglie? L'ha perdonata? «Perdonato... Macché, piange tutto il giorno. Non so come andrà a finire». E con i suoi figli ha parlato? «No, non ancora. Non ho il coraggio».
Lorenzo Salvia
Il Corriere della sera, 30 luglio 2007

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